Delitto di Palma di Montechiaro. Una vecchia storia di mafia, o forse no

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Abbiamo riferito ieri di un delitto avvenuto in una piazza del centro agrigentino di Palma di Montechiaro. La vittima, Lillo Saito, era titolare di una piccola azienda di produzione di gelato artigianale e di un punto vendita nel paese ed è stata uccisa con una raffica di colpi di pistola. L’assassino, già individuato dai Carabinieri che avevano visionato alcune telecamere di sorveglianza della zona, si è poi costituito spontaneamente in caserma, convinto a farlo dalla moglie cui aveva raccontato i suoi raid. Perché in effetti, prima di uccidere Saito, aveva esploso altri quattro colpi di pistola a casa dei genitori, ferendoli di striscio.

Ai Carabinieri ha subito riferito di “trattarsi di una vecchia storia di mafia” legata alla cosiddetta “faida dei paracchi” di Palma di Montechiaro, una sorta di “mafia parallela” ai due gruppi dominanti di Cosa Nostra e della Stidda. Angelo Incardona, il killer 44enne, non ha però fornito informazioni precise, anzi ha riferito frasi confuse anche in merito al ferimento avvenuto poco prima -sempre ad opera sua – dei suoi stessi genitori, Giuseppe Incardona e Maria Ingiamo di 65 e 60 anni.

Le indagini seguite dal Procuratore capo Luigi Patronaggio e dal Sostituto Maria Barbara Cifalinò, mirano adesso a verificare i presunti collegamenti mafiosi dichiarati dall’uomo, già pregiudicato per detenzione e porto abusivo di arma da fuoco e per tentato omicidio, per trasferire gli atti alla DDA di Palermo qualora venisse accertato il legame dei due fatti di sangue con la faida esposta dall’Incardona nelle sue prime dichiarazioni agli inquirenti.

Foto: Livesicilia

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